Capitolo 5.1.2

L'organizzazione Parrocchiale

Le strutture organizzative della parrocchia sono nate per dare concreta attuazione al concetto di partecipazione e perchè ogni membro della comunità cristiana venisse coinvolto e si sentisse parte attiva e responsabile nelle decisioni. Avendo carattere formativo, sono passate da forme molto elementari a forme più elaborate a seconda delle esigenze e della crescita della gente.

1. Assemblea
Fra le strutture di partecipazione 1‘assemblea ha un valore di notevole rilievo. Essa, infatti, è un mezzo per trasmettere idee, discutere problemi di interesse comune, prendere decisioni e imprimere orientamenti al cammino comunitario.
Coinvolgendo costantemente la base, l’assemblea ha aiutato la gente ad incontrarsi, a mettere insieme in modo costruttivo esperienze, prospettive, interessi, a formulare obiettivi comuni per canalizzare e orientare gli sforzi di ognuno e a sensibilizzare le persone sui problemi locali e su quelli più generali.
All‘inizio l‘assemblea si radunava in modo molto informale ed aveva potere decisionale. Dal 1976 però, si impose la necessità di una ristrutturazione per tener conto della nuova realtà costituita dai gruppi familiari, che raccoglievano, fra gli altri, le persone più impegnate nella vita parrocchiale.
Oggi esistono due tipi di assemblea: l’una chiamata ordinaria e l’altra straordinaria. L’assemblea ordinaria è formata dai capigruppo e coordinatori dei gruppi familiari e da alcuni membri di diritto che sono il parroco, le suore, il presidente e il segretario della medesima ed ha carattere decisionale; l’assemblea straordinaria invece è formata da tutti coloro che desiderano parteciparvi ed ha carattere consultivo e informativo. Essa viene indetta all’inizio e alla fine di ogni anno sociale e costituisce un’opportunità per chiedere idee, presentare programmi e per fare un bilancio dell’attività svolta. Il clima delle assemblee non è mai smorto, anzi , molto spesso assume toni caldi , vivaci, a volte polemici ma sempre si procede con chiarezza e linearità: i diversi documenti sono una testimonianza in proposito.
Gli argomenti hanno sempre riguardato la vita della comunità le sue scelte e i suoi problemi.
2. Ruoli
L’organizzazione parrocchiale impostata, come si è detto, sul concetto di partecipazione, doveva portare necessariamente e di fatto portò, alla specificazione dei ruoli all’interno   della comunità. Innanzitutto cominciò a chiarirsi, almeno sul piano teorico e non solo, il ruolo del parroco che da facto­tum com’era considerato prima, diventava sempre più colui che è  chiamato a presiedere e coordinare l’insieme della comunità parrocchiale dando spazio ed espressione a tutte le altre funzioni che prima si assommavano nella sua persona. Cominciarono così ad emergere alcuni ruoli o ministeri, anche se in forma molto embrionale, ma con contorni molto precisi.
L’assemblea nominò il suo coordinatore e il suo segretario le cui funzioni erano state ben delineate nello Statuto. Ogni gruppo familiare per il suo funzionamento aveva un capogruppo e un coordinatore. 
Nell’ambito della catechesi operava già da parecchio tempo un gruppo di catechisti. L’aspetto economico della parrocchia era curato da un gruppo di amministratori, la cui funzione era ben specificata in un apposito regolamento.
Nel campo delle comunicazioni operava, da parecchi anni, una rete di messaggeri che contribuiva a rendere il servizio ordinato e puntuale.
Tale chiarezza e rispetto consentiva una maggiore distribuzione dei compiti, favoriva la crescita delle persone, permetteva un migliore svolgimento della vita comunitaria e  un’organizzazione più funzionale e fruttuosa della vita parrocchiale e sociale.
3. Consiglio di amministrazione
L’aver messo nelle mani dei laici la gestione economica è stato un passo di notevole importanza perchè,oltre a dare concreto riconoscimento al ruolo del laico, ha contribuito a rendere più trasparente e meno condizionato il ministero del presbitero.
Il consiglio di amministrazione è eletto dalla base. L’obbligo stabilito dal regolamento, di pubblicare un resoconto mensile delle entrate e delle uscite, a lungo andare ha creato una mentalità e uno stile che cominciò a diventare esigenza non solo nella gestione amministrativa parrocchiale ma anche in quella civile.
  1. Comunicazioni
Il cammino di integrazione della comunità fece nascere, ad un certo punto, l’esigenza di uno strumento di comunicazione che non si limitasse alla pura informazione, ma diventasse per la comunità un mezzo di autoformazione. Nasceva così il “Messaggio al popolo di Dio” che consisteva in un foglio in A4 piegato a metà, anch’esso mandato settimanalmente in ogni famiglia come il Foglio Settimanale. In prima pagina portava un messaggio tratto dal Vangelo della domenica e aderente alle situazioni concrete della vita; nella seconda pagina una lettura della Bibbia fatta in modo semplice; nella terza pagina portava una frase della gente o un detto popolare con un commento tratto dalla Bibbia o dal magistero della Chiesa o dal buon senso della gente; nella quarta pagina portava testimonianze personali su fatti o esperienze della vita del paese.

il 1° foglio inviato alla Comunità clicca qui

La redazione da principio veniva fatta dal parroco e dalle suore che collaboravano con lui nella pastorale. Gradatamente, però, però è passata per buona parte nelle mani dei laici. Tra questi i più attivi si dimostravano i giovani del gruppo denominato ‘Liturgia’. In pochissimo tempo esso divenne  strumento validissimo di formazione che suscitava una forte circolazione di idee e di appassionati e accesi dibattiti.


Come il ‘Foglio Settimanale’, anche il ‘Messaggio al popolo di Dio’ essendo letto dalla stragrande maggioranza della gente, svolse e continua a svolgere un ruolo importante sul piano dell’integrazione sociale.
Il contenuto, sempre aderente alla realtà, stimolava ad una revisione di vita personale e comunitaria, metteva in discussione e poneva interrogativi sul modo di concepire la vita, di gestire i vari ambiti della vita sociale, svelava la fatuità di certe posizioni raggiunte, di certe sicurezze e di certi atteggiamenti, mirando costantemente ad offrire modelli ispirati al Vangelo.
Stimolando e accogliendo su un piano di parità la collaborazione dei giovani e degli anziani, il messaggio al popolo di Dio diventava anche un ponte lanciato tra le generazioni. La redazione settimanale di questo foglio esigeva un contatto frequente e personale con la gente. L’aspetto che maggiormente indicava un cammino di maturazione era la facilità e la libertà con la quale le persone esprimevano il loro parere su varie situazioni e problemi, non esitando a mettere il proprio nome senza temere il pericolo di dover affrontare critiche, giudizi e opposizioni anche pesanti. Un traguardo del genere, al momento di partire era assolutamente impensabile, tenendo conto della forza condizionante del giudizio altrui, dell’influsso del parentado, del potere dei singoli leaders, e del controllo sociale esistente.

Indice capitolo 5.1.2

1. Dalla coesione sociale alla coscienza collettiva
2. Espressioni religiose collettive
3. I Gruppi di Riflessione Evangelica: fattore di coscientizzazione
5. Giovani: fattore di cosientizzazione
6. Identificazione dell'insieme nei valori della fede e socio-religiosi
7. Il conflitto innerente al processo integrativo

<-- Indietro

Torna Su