Libri
A SUOR STEFANINA ZANDEGIACOMO
che ha creduto nel futuro della comunità religiosa di Vajont
Presentazione
La comprensione piena di quanto è narrato, sia da parte delle suore che del loro parroco, deve fare riferimento al cammino di rinnovamento promosso dal «Servizio di Animazione Comunitaria del Movimento per un Mondo Migliore», che, nella persona del P. Giovanni Battista Cappellaro, ha affiancato e accompagnato in termini di amicizia e di progettazione pastorale la comunità parrocchiale di Vajont fin dal 1971. Ad allora infatti risale la decisione, quasi una scommessa cristiana, che era possibile tradurre la visione del Concilio in un modello di Chiesa coerente. Si tratta non tanto e non solo di un «modello parrocchiale», quanto di un modello di Chiesa espresso a livello di parrocchia, tanto che oggi la forma privilegiata di promuovere questo progetto pastorale avviene a livello di diocesi.
Rimandiamo qui a due libri, in particolare, che contengono la presentazione del progetto parrocchiale: «Da massa a popolo di Dio» di G. B. Cappellaro, G. Moro, G. Liut, F. Cossu, Cittadella editrice, 2a edizione, Assisi 1994 e «Catecumenato di popolo», di G. B. Cappellaro, Cittadella editrice, 2a edizione, Assisi 2002. All’interno dell’esperienza della comunità cristiana e al suo servizio, c’è stata e c’è ancora un’altra esperienza: quella della comunità religiosa delle suore. Quanto si presenta è sorto come una valutazione di tale esperienza, in risposta ad una richiesta del Consiglio Generale della loro Congregazione. Si pensò di dare tale risposta in profondità, in una prospettiva più generale. Finimmo per assumere gli interrogativi di fondo della stessa Vita Religiosa nel momento ecclesiale e culturale, per verificare se e come essi erano affrontati nell’esperienza della comunità.
Le suore appartenenti alla Congregazione delle Suore della Divina Volontà di Bassano del Grappa, che si sono avvicendate nella comunità religiosa di Vajont sono state diverse; mentre le protagoniste, soggetto e ogget- 5 to di questa lettura, sono tre di esse, la comunità attuale, presente nella parrocchia di Vajont.
L’obiettivo della valutazione era il ripensamento dell’esperienza vissuta come comunità religiosa e il significato che essa poteva avere per il futuro della comunità cristiana stessa. La valutazione si sviluppò in tre parti: la descrizione della situazione e delle questioni da essa poste alla vita religiosa; la definizione dei criteri dottrinali che illuminano la situazione; l’elaborazione della valutazione conseguente. Il risultato fu inviato al Consiglio Generale di allora nell’intenzione di contribuire alla ricerca di un nuovo volto della comunità religiosa alla luce del Concilio Vaticano II.
Non avremmo mai pensato di rendere pubblica questa ricerca, se non fosse stato per l’insistenza di alcuni religiosi e religiose. Essi hanno creduto nella validità di rendere accessibile la valutazione dell’esperienza vissuta dalla comunità religiosa che, assieme al parroco, rese possibile il rinnovamento della parrocchia. Il testo che ora pubblichiamo dopo alcuni anni – distanza che va tenuta presente nella lettura – era destinato all’Istituto. Ora nel renderlo pubblico, confidiamo che possa costituire un aiuto ad altri religiosi e religiose. Si tratta infatti di una meditazione appassionata sulla vita religiosa ad opera di un piccolo gruppo di suore, a partire dalla loro esperienza. Crediamo che le logiche e gli orizzonti dell’esperienza possono essere occasione di riflessione per quelle comunità religiose e per quegli Istituti, come anche per gli operatori pastorali, principalmente Parroci e Vescovi, che oggi si trovano a fare i conti con il calo del numero dei consacrati. Il testo con la valutazione dell’esperienza è preceduto da una significativa testimonianza di don Gastone Liut, parroco di Vajont; egli racconta cosa ha significato per lui vivere e fare pastorale con una comunità di suore. La valutazione e la comunicazione sono precedute da un’ampia Prefazione di don Gino Moro, religioso dell’Opera di don Orione e membro del «Servizio di Animazione Comunitaria»; le sue annotazioni vogliono aiutare a cogliere il senso e la portata dell’esperienza narrata. A chiusura, in forma di Postfazione, Giuliana Martirani, docente di geografia politica all’Università di Napoli, reagisce alla lettura dell’esperienza con la sua sensibilità di laica credente, appassionata dei «piccoli e dei poveri » della terra, segreto e risorsa di un’umanità migliore.
In conclusione, crediamo che il valore e il senso contenuti nella narrazione che presentiamo riflettano quanto affermato in alcuni passi di 6 «Ripartire da Cristo», l’Istruzione scritta dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica nel 2002, sulla scia e come attualizzazione della «Novo Millennio Ineunte» di Giovanni Paolo II: • «Uno sguardo realistico alla situazione della Chiesa e del mondo ci obbliga a cogliere le difficoltà in cui si trova a vivere la vita consacrata. Tutti siamo consapevoli delle prove e delle purificazioni a cui essa è oggi sottoposta. Il grande tesoro del dono di Dio è custodito in fragili vasi di creta (cfr. 2 Cor 4,7) e il mistero del male insidia anche coloro che dedicano a Dio tutta la loro vita. Se si presta ora una certa attenzione alle sofferenze e alle sfide che oggi travagliano la vita consacrata non è per portare un giudizio critico o di condanna, ma per mostrare, ancora una volta, tutta la solidarietà e la vicinanza amorosa di chi vuol condividere non solo le gioie, ma anche i dolori. In questa visione di fede anche il negativo può essere occasione per un nuovo inizio, se in esso si riconosce il volto di Cristo, crocifisso e abbandonato, che si è fatto solidale con i nostri limiti fino a portare “i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt 2,24). La grazia di Dio, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza (cfr. 2 Cor 12,9)» (11). • «Le difficoltà che oggi le persone consacrate si trovano ad affrontare assumono molteplici volti, soprattutto se teniamo conto dei differenti contesti culturali in cui esse vivono.
La diminuzione dei membri in molti Istituti e il loro invecchiamento, evidente in alcune parti del mondo, fanno sorgere la domanda se la vita consacrata sia ancora una testimonianza visibile, capace di attrarre i giovani. Se, come si afferma in alcuni luoghi, il terzo millennio sarà il tempo del protagonismo dei laici, delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, possiamo domandarci: quale sarà il posto riservato alle forme tradizionali di vita consacrata? Essa, ci ricorda Giovanni Paolo II, ha una grande storia da costruire insieme a tutti i fedeli» (12). • «Davanti alla progressiva crisi religiosa che investe tanta parte delle nostre società, le persone consacrate, oggi in modo particolare, sono obbligate a cercare nuove forme di presenza, e a porsi non pochi interrogativi sul senso della loro identità e del loro futuro» (12). 7 • «Le difficoltà e gli interrogativi che oggi la vita consacrata vive, possono introdurre in un nuovo kairós, un tempo di grazia. In essi si cela un autentico appello dello Spirito Santo a riscoprire le ricchezze e le potenzialità di questa forma di vita» (13). Speriamo che quanto presentiamo possa essere illuminante e utile soprattutto per le religiose e i religiosi. Parlando, però, della vita religiosa, come abbiamo fatto, nel quadro e al servizio del rinnovamento della Chiesa, ci sembra che il testo possa interessare anche tutti coloro che hanno a cuore le sorti della Chiesa e della sua riforma permanente.
P. GIOVANNI BATTISTA CAPPELLARO